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Il giardino di Valsanzibio

Villa Barbarigo, la piccola Versailles del Veneto

A Villa Barbarigo, la piccola Versailles del Veneto, i nobili un tempo arrivavano in barca. Per questo, recuperando la tradizione, è diventata una delle tappe ideate dalla rete dei 24 operatori aderenti a Slow Flow Veneto Waterways Experience, aggregazione di 24 imprese che promuove il Veneto come destinazione navigabile.

Costruita nel 1565 dal nobile veneziano Zuane Francesco Barbarigo, la villa benchè considerata la piccola Versailles del Veneto, è meno importante di quanto non lo sia il suo giardino. La villa anzi sembra l'orpello finale perchè è il parco con le sue siepi, il labrinto, le piante secolari, la grotta da meditazione, il vero contenuto di questa destinazione: un giardino ricco di significato che emoziona  per le metafore esistenziali che racchiude.

 

I Giardini di Valsanzibio devono il suo attuale splendore al nobile veneziano che nella seconda metà del Seicento, aiutato dai figli Antonio e Gregorio Barbarigo, realizza questo splendore. Gregorio in particolare, cardinale, Vescovo di Padova e futuro Santo, ispirò l’alta simbologia racchiusa tra i viali e le piante secolari. Per "crear bellezza" si avvalse del grande architetto e fontaniere Pontificio Luigi Bernini.

Il Padiglione di Diana non era solo l’entrata principale via acqua alla tenuta dei Barbarigo nel 17esimo e 18esimo secolo, ma, questa superba e imponente porta d’ingresso, rappresentava, e tutt’oggi rappresenta, l’inizio del Percorso di Salvificazione, voluto dal Santo Gregorio Barbarigo, che finisce davanti alla Villa, al Piazzale della Fontana del Fungo, dell’Estasi o, appunto, delle Rivelazioni.

Il padre del Cardinale aveva infatti espresso un voto solenne nel 1631 quando la famiglia Barbarigo, che era già proprietaria di gran parte delle terre in Valsanzibio (e non aveva ancora creato il giardino), si rifugiò in questo luogo per fuggire al contagio della grande peste, la peste nera, che imperversava a Venezia ed in tutta Europa e che aveva già ucciso Lucrezia Lion, moglie di Zuane Francesco Barbarigo.

Volle che il giardino di Valsanzibio fosse monumentale emblema della via di perfezione che porta l’uomo dall’Errore alla Verità, dall’Ignoranza alla Rivelazione. E nel solenne voto promise che se il resto della sua famiglia fosse stata risparmiata dalla terribile malattia, lui avrebbe fatto un opera grandiosa per commemorare e glorificare la grandezza di Dio; promessa che fu il primogenito Gregorio a realizzare fra il 1665-1696 decidendo che il giardino di Valsanzibio non avesse solo uno scopo ludico, ma anche e, soprattutto, uno scopo spirituale.

Ma la villa esisteva da prima. Era infatti stata edificata dagli Scrovegni, famiglia di usurai di Padova che ne1300 qui venivano a caccia e pesca. Fu poi tenuta della Serenissima e poi diventò azienda agricola. Si arrivava all'epoca in  barca da Venezia e traccia di questo antico retaggio fluviale c'è nelle ''paline da palazzo'' che l'ultimo proprietario, il conte Armando Pizzoni Ardemani, volle porrè nell'ingresso, il monumentale Portale di Diana.

Le siepi sono una enormità: 60.000 mq di bosso piantate nella seconda meta del '600, attorniate da piante da tutto il mondo. Il giardino è autosufficiente sul piano idrico e richiede ogni anno almeno 300 mila euro di sole manutenzioni.

Bellissimo perdersi e ritrovarsi nel labirinto allegorigo, che sta a significare le difficoltà della vita. "Il cardinale volle che fosse un ammonimento a non arrendersi mai'' spiega la guida.

Un'isolotto centrale nel parco è riservato ai conigli. E' accessbile da un piccolo ponte levatoio, ma solo dagli addetti incaricati di sfamare i piccoli animaletti che sgambettano felici.

Si cammina tra piante di bosso, cedri, una monumentale sequoia e le magnolie dal nord america per arrivare ad una autentica bellezza: il secolare cedro della California.

Allegrezza e diletto furono le coordinate di chi pensò viali e giardino, dove manca la retorica del fiore bello magari, ma soggetto a sfiorire. Tutto è verde, tutto è eterno, pur nel suo divenire. "Questo giardino doveva insegnare a godere della vita" sottolinea la guida che racconta come la villa sia ancora abitata e oggetto di continui restauri.

E a far da monito è Cronos che personifica la pesantezza del vivere e la necessità di spendere bene ogni minuto che ci è concesso. E' il Monumento al Tempo.

Questo eccezionale esempio di giardino barocco conta oltre 60 statue scolpite nella pietra d’Istria, in gran parte opera del Merengo ed altrettante sculture minori che si integrano tra architetture, ruscelli, cascate, fontane, laghetti, scherzi d’acqua e peschiere, fra innumerevoli alberi ed arbusti.

Il tutto su più di 10 ettari di superficie. La simbolica Grotta dell’Eremita invita a fermarsi e a riflettere l'alto messaggio affidato al giardino dal suo Fondatore, che sopravvive e oggi si presenta come uno dei più estesi ed integri giardini d’Epoca mondiali, che è valso il primo premio come ‘Il più bel giardino d’Italia‘ nel 2003 ed il terzo più bello in Europa nel 2007.

Le famiglie che lo hanno avuto in custodia sono stati i Nobili Homini Barbarigo (tra 600 e 700), il Nobil Homo Michiel (nell'800), i Conti Martinengo da Barco nei primi del Novecento, a cui son seguiti i Conti Donà delle Rose e dal 1929 i Nobili Pizzoni dei Conti Ardemani, proprietari da tre generazioni della intera tenuta.

La villa ha incontrato nella sua storia la disastrosa occupazione militare tedesco, ma una volta finita la guerra, il corso è ripartito. Tutti i trentatrè punti d’acqua del Giardino compromessi da ottanta anni di progressivo impoverimento sorgivo sono stati ripristinati.

E la storia è ripartita, per raccontarci ancora di quanto necessaria sia la Bellezza per l'Anima.

(Corona Perer, Valsanzibio - Vi)

 

La rete Slow Flow

 


Autore: Corona Perer

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