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Vini, spezie, pastelli volativi e confetti di zucchero

di Gloria Canestrini - La cucina nel Medioevo

Un gustosissimo libretto (agile nella sessantina di pagine dedicate alle pratiche alimentari nel tempo, ma di ponderoso approfondimento nella ricerca) ha visto la luce in questi giorni , per i tipi di Graphe.it Edizioni. Già il titolo invoglia a consultarlo: “Vini, spezie, pastelli volativi e confetti di zucchero”. Sottotitolo:”Breve storia della cucina e dell'alimentazione nel Medioevo”.

L'autore è Davide Chiolero, laureato in Scienze Storiche all’Università degli Studi di Torino, docente, membro della redazione di “Arma Virumque”, rivista universitaria torinese di storia militare, storico appassionato di cultura popolare e materiale – in particolare di alimentazione e costume – del periodo medievale.

Questo suo saggio abbraccia con metodo scientifico, attraverso testimonianze, documenti preziosi, aneddoti, ricette e, per finire, con una copiosa bibliografia, l’arte culinaria medievale.

Una ricerca che rivela, come tutte le ricerche condotte con passione e intuito legati ad una solida preparazione specifica, aspetti sorprendenti riguardo ad alcuni preconcetti sulla cultura gastronomica del periodo, che si rivela niente affatto “piatta” o banale! L'immagine ricorrente è quella del maiale che gira sullo spiedo, accanto al grande pentolone nel quale sobbolle una zuppa, ma il libro rivela invece grandi varietà di gusto, oltre alla magnificenza gastronomica, all'uso appropriato dei colori e delle spezie: insomma una raffinatezza degna della grande cucina a venire.

Certo, l'Autore mette in luce le opportune differenze. Come in ogni epoca la cucina medievale era caratterizzata da una certa forma di discriminazione sociale. Si deve distinguere infatti tra cucina povera, costituita per lo più da ortaggi e cerali (la ricostruzione è complicata dall'assenza di fonti dirette) e cucina ricca, quella delle classi elitarie che hanno fatto uso dell'ostentazione della loro ricchezza attraverso i banchetti.

Il lusso in tal senso trasmetteva chiari messaggi sociali e di potere politico, suscitando meraviglia, sia nella scelta dei cibi che nella durata dei convivi. Venivano offerti, ad esempio, enormi quantità di carne bovina, suina e ovina (in taluni casi anche 10 kg a persona!) ,ed anche la più svariata uccellagione, dagli uccellini di piccola taglia, fino a cigni, pappagalli, gru, capponi. Nel campo ittico erano contemplate aragoste, anguille, focene e persino foche, che, pur vivendo in ambiente marino, sono dei mammiferi...Ma tant'è: tutto fa brodo...

Per contro, un altro falso mito riguardo alla cucina medievale viene a cadere, quando, leggendo questo utilissimo compendio, riconosciamo esistenti all'epoca le tradizioni oggi a noi proprie. Fra tutte, oltre al valore attribuito alla coltivazione dell'orto, quella relativa agli obblighi liturgici e alla cucina di magro di stampo cristiano.

Gustosa (in tutti i sensi) la nota sugli abbinamenti tra i cibi, come l'accoppiata tra prosciutto e melone, affermatasi tra il XIV e il XV secolo, divenuta insieme al formaggio con le pere uno degli abbinamenti più fortunati e duraturi della cultura gastronomica italiana.

Il legame fra dieta e religione (a cominciare dai giorni di magro, su cui scopriamo curiosità inaspettate) oltre al diverso apporto della civiltà romana rispetto a quelle identificate come barbariche, costituisce uno dei capitoli più interessanti del libro, così come laddove si racconta delle convinzioni mediche del tempo, in fatto di nutrizione. Le convinzioni dietetiche e le prescrizioni sanitarie, di pari passo con la religione, dettavano infatti le regole alimentari.

Nel trattato “Vini, spezie, pastelli volativi e confetti di zucchero” sono anche descritte le esigenze delle dispense delle abbazie e di quelle dei signori, considerando la disponibilità locale degli ingredienti, ma anche la curiosità di procurarsi cibi nuovi: se la cucina popolare è rimasta relativamente simile nel corso degli anni, quella nobiliare fu sorprendentemente aperta alle novità e alle contaminazioni, includendo – oltre agli elementi autoctoni – spezie di Paesi lontani acquistate a caro prezzo.

Il pane, l’alimento più diffuso e consumato da contadini, cittadini e nobili, vero simbolo della civiltà occidentale, permane immutato come cibo-base (anche se il pane consumato dai meno abbienti e dai contadini, scuro e realizzato con cereali minori, non è certo lo stesso che potevano permettersi le classi più agiate, che preferivano il pane bianco).

Da sempre cibo utilissimo a riempire lo stomaco in caso di fame con il suo apporto calorico, oggi , nelle abbienti società occidentali, ha subito un ribaltamento paradossale: il benessere non si misura più nell'eccesso di cibo e di carboidrati ma, come scrive l'autore, “ nella capacità di non farsi trascinare in questo surplus calorico”.

Come sottolinea bene Massimo Montanari nello studio “Gusti del Medioevo”, si è passati da una società che aveva sempre la paura della “pancia vuota” a una che ha la paura della “pancia piena”.

Ma, anche da noi, non è così per tutti.

Gloria Canestrini
febbraio 2025

 

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Vini, spezie, pastelli volativi e confetti di zucchero.

Breve storia della cucina e dell’alimentazione nel Medioevo

Pagine 76, 8,50 euro

Graphe.it

In libreria dal 26 febbraio


Autore: Gloria Canestrini

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